Di santi e di miracolosi ricicli


Narra la leggenda la storia di un fratacchione goloso che, avendo ricevuto in custodia un panettone affinché venisse benedetto, non seppe resistere e se ne mangiò un pezzetto quotidianamente fino a finirlo. Il 3 febbraio, giorno di San Biagio, la donna che glielo aveva affidato tornò a recuperarlo e, con sommo stupore del frate, invece di trovarne solo l’involucro, scoprì che il panettone era addirittura raddoppiato di dimensione. Morale della favola: San Biagio aveva fatto il miracolo!
Da allora, al NordE, il giorno di San Baigio si usa mangiare l’ultimo panettone avanzato dal Natale e pare che questa pratica protegga da tutti i malanni, in particolare da quelli che attaccano la gola (anche per questo c’è una spiegazione legata ad una credenza religiosa, ma questa è un’altra storia). Ora io non so se l’abbinamento della gola in senso fisico con quella in senso figurato sia casuale, ma di fatto “su” studiano infiniti modi golosissimi per riciclare questo panettone che, diciamoci la verità, un po’ stagionatello a questo punto dell’anno è.
Una cosa però ve l’assicuro, la ricettozza facile facile di cui vi parlo qui, e che è perfetta per un aperitivo, è stata partorita davvero per caso in questo giorno specifico, non avendo io, almeno per quanto ne sappia, sangue polentone nelle vene. Nasce invece dal felice connubio di amicizie golose che la mia professione mi consente di stringere. Nello specifico erano giorni che ripensavo ad una prelibatezza di Angelo Pumilia, uno dei miei chef siciliani preferiti, che avevo assaggiato (e riassaggiato, e riassaggiato, e riassaggiato… sono riuscita a rendere l’immagine di me che, con molta nonchalance, sono tornata infinite volte a prenderne un pezzo?) ad un evento di alcuni anni fa. Una chicca a base di panettone ma salata e, ormai lo sapete, io i dolci non li amo, ma datemi un dolce non dolce e divento matta! In più il mio amico Friedi Schmuck, reuccio incontrastato della pizza in quel di Siracusa, mi aveva mandato a Palermo il suo esperimento di quest’anno, un panettone con capperi canditi e pomodorini confit, a tutti gli effetti un dolce, ma da reminescenze “eolian-pantesche” che avevo molto apprezzato e che, com’era prevedibile, non ero riuscita a consumare tutto. Ora, io sono andata a scuola dalle suore e sono cresciuta tra citazioni di bambini del (per me allora fantomatico) Biafra a cui dover dare conto e ragione quando non volevo mangiare (perché sì, so che sembra incredibile, ma da piccola spesso ero inappetente…) e a suon di “Mangia perché Gesù non vuole!” (sottotinteso “che venga lasciato cibo nel piatto”). Sicché qualcosa ci si doveva inventare. E allora, perché non far incontrare idealmente Angelo e Friedi? (A proposito, voi due, vi conoscete?)
Ecco dunque il risultato che, a dispetto della foto orrenda, vi giuro essere goduriosissimo!

Il titolo ovviamente è un’invenzione estemporanea. Per i non siculi, arripizzare significa arrangiare, accomodare, rielaborare. Insomma, lo chef Franco Aliberti, imperatore della cucina antispreco, avrebbe di che esser fiero di me!

PANETTONE ARRIPIZZATO

Ingredienti per 4 persone

Panettone
1 confezione di formaggio spalmabile
8 acciughe sottolio
olio extravergine di oliva
pepe

Tagliate 4 fette di panettone non troppo sottili, ponetele su una leccarda e passatele in forno pre riscaldato a 220 gradi per 5 minuti. Cosa dite? Che diavolo è una leccarda? … Questa parola mi farà sempre pensare alla mia amica Adriana che, purtroppo per entrambe, vive a mille chilometri di distanza da me. Dico “purtroppo” perché insieme ci ammazziamo dalle risate in tutti i modi possibili e attraverso qualsiasi mezzo di comunicazione utilizzato, ma mai quanto come quando decide di farsi seguire da me a distanza nella preparazione di una ricetta. Vabbè, fine della digressione: la leccarda è quella placca, solitamente nera e smaltata, che si trova nei forni insieme alle griglie. “Leccarda” significa “ghiotta” e prende questo nome perché nasce per essere adibita a raccogliere il grasso che cola lascivo dalla cottura delle carni allo spiedo. Come non amarla? Ciò detto, torniamo alle nostre fette di panettone che, a furia di digressioni, rischiano di carbonizzarsi. Dovrete stare attenti che si faccia la crosticina all’esterno, ma che rimangano morbide all’interno. Insomma, prendetevene cura. Una volta tirate fuori dal forno, spalmatele generosamente con il formaggio, adagiatevi sopra un paio di acciughe (io uso quelle di Aspra perché saporite ma al contempo delicate), cospargete con una bella macinata di pepe e terminate con un filo d’olio extravergine d’oliva.
Mangiate immediatamente perché se si fredda perderà di sentimento e vi assicuro che non ve lo perdonereste mai!

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